Rosso come una sposa, Anilda Ibrahimi
Rosso come una sposa è la storia di una famiglia matriarcale che affonda le proprie radici nel primo Novecento albanese per poi attraversare la storia dello stato, toccando il nazifascismo, la dittatura quarantennale di Enver Hoxha, la caduta del muro di Berlino, quindi del comunismo poco dopo e la guerra del Golfo.
Rosso è il colore del vestito di nozze dell’appena quindicenne Saba, protagonista di questo racconto, ma anche donna realmente esistita a cui Anilda Ibrahimi dedica il proprio libro.
Rosso è il colore del sangue sparso dai fratelli di Saba, uccisi dai tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale e da chi, come loro, combatte una lotta lontana dall’universo in cui le donne dell’autrice vivono, stipate nella loro cultura marchiata dal predominio maschile.
Un modo di pensare che le trova schiave dei loro doveri di donna. La donna che non può essere adultera, ma deve avere figli, possibilmente maschi per venir poi accettata dalla società e poter essere vista come degna del posto che tiene. I figli sono uno strumento di potere. Colei che non può averli è come un sacco vuoto ed è vista male. Aver figli significa poter decidere per loro, trovare i mariti o le mogli con cui sposarli e di conseguenza essere una persona a posto.
Questo modo di pensare scova la libertà di queste donne solo quando diventano suocere, quindi vissute di una vita dignitosa e foriera di discendenti, in grado finalmente di poter decidere della propria vita e di quella degli altri.
Rosso però è anche il colore del comunismo. Un’ideologia che, a un certo punto, non vuole più essere sorella di quella sovietica, ma si distacca per poter camminare con le proprie gambe.
Il risultato sarà il totale isolamento di un paese, in cui la modernità delle città e la ruralità di monti e campagne segneranno per sempre una lacerazione imponente all’interno del sistema.
Anilda Ibrahimi pubblica questo suo libro, il primo scritto direttamente in italiano, nel 2008.
Il suo è un linguaggio diretto, efficace e che riesce sempre a nascondere una vena nostalgica per un mondo antico, in cui lei stessa si è ritrovata catapultata tramite i racconti delle sue donne di famiglia.
Rosso come una sposa racconta dell’Albania e del suo popolo, ma mostra anche la cultura, la religione, spezzata a metà tra cristianesimo e islam, decorata di credenze che verrebbero comunemente classificate come pagane, greche, romane, per poi venir esclusa da Hoxha che promulgò l’ateismo di Stato.
Questo libro è un mondo in cui entrare, come lo sono tutti i libri in fondo, ma qui in particolare si viene affascinati dalla concretezza della vita che viene raccontata e al tempo stesso dai messaggi molteplici che vengono inviati: amore per la propria famiglia, rispetto per le proprie radici, conoscenza e accettazione della storia del proprio paese.
Una frase: questo libro è un pertugio etnico sui colori passionali di Kaltra.
A chi lo consiglio: a chi è curioso di sapere e di conoscere, a chi vuole constatare quanto simile sia la vita delle donne, nonostate la differenza di cultura e di provenienza.
Abbinamento suggerito: un bicchiere di vino, rigorosamente rosso, magari un Sangiovese (dal latino Sanguis Iovis, Sangue di Giove).
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